Gabbiano è un classico di feroce e leggera attualità, un testo su un’umanità irrisolta, sulla società dello spettacolo, sulla ricchezza e sulla banalità della condizione intellettuale. Un dramma che Carmelo Rifici dirige con un importante cast di attori grazie al sostegno produttivo del Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa e del Teatro Sociale di Bellinzona.

Un giovane teatrante pieno di dubbi sulla necessità del fare teatro oggi, un famoso scrittore che si interroga sulla necessità o meno di scrivere, una giovane ambiziosa che sogna il successo, una donna di successo che non sogna, un’umanità che desidera essere personaggio, personaggi che si specchiano in un lago che mostra la loro misera umanità, in un dramma di atti mancati, di gesti abbozzati, di destini incrociati, di passioni elementari e insostenibili. Cechov ci consegna una storia di sogni, di autoinganni, di vite fatte di scrittura, teatro, letterature, di ordinarie vite immaginarie…

di
Anton Čechov
regia
Carmelo Rifici
scene
Margherita Palli
costumi
Margherita Baldoni
musiche
Zeno Gabaglio
luci
Jean Luc Chammonat
con
Fausto Russo Alesi, Giovanni Crippa, Ruggero Dondi, Mariangela Granelli, Igor Horvat, Emiliano Masala, Maria Pilar Pérez Aspa, Giorgia Senesi, Anahi Traversi
e con la amorevole partecipazione di
Antonio Ballerio
produzione LAC Lugano Arte e Cultura
in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro Sociale di Bellinzona

Perché scegliere di fare Gabbiano? È la domanda che continuo a farmi, alla quale non ho risposta. Intanto è un Classico e questo mi permette di lavorare sulla memoria di un testo che ho sempre amato, su cui ho sempre lavorato, sul quale ho fatto centinaia di ipotesi, che ogni volta cambiano e si contraddicono. In secondo luogo mi viene da dire che Gabbiano parla di cose che tutti sanno: di rapporti familiari, di conflitti e di delusioni, senza averne consapevolezza. Entrare in un mondo familiare e vedere che ogni volta ti mostra qualcosa che non avevi notato dà la curiosa sensazione di visitare un universo conosciuto e, al tempo stesso, misterioso: "Cechov è talmente semplice che fa paura”, diceva Gor’kij.

Gabbiano è veramente un testo misterioso: ci mostra un’umanità, una famiglia che non riesce mai ad essere sincera e che, per riuscire a convivere, deve continuamente mentire e immaginarsi di essere qualcosa che non è. Nel momento però che una cosa è immaginata, non diventa comunque vera? In Gabbiano tutti si rappresentano, anzi sono tutti ossessionati dalla rappresentazione. Si impegnano a vivere una vita che non è la loro e tentano di eternarla, di renderla un presente continuo. Non sarà perché tentano disperatamente di fermare la vita e bloccare dentro di loro il sinistro desiderio di voler uscire, di volare via per fare parte di qualcosa di più grande? Kostantin, nel suo testo, parla di un’anima universale che tutto ingloba; il medico Dorn parla del destino dell’umanità di ricongiungersi, prima o dopo, ad un tutto. Nina dice: “pensano che io voglia fare l’attrice, ma io sono attratta dal lago, come un gabbiano”. “Anche lo spirito è fatto di materia”, dice il maestro Medvedenko.

Teatro e mistero, verità e sogno. Non a caso i protagonisti sono attori, scrittori, registi, e l’umanità che gira intorno a loro, fatta di contadini, di lavoratori, non sogna altro che essere attori e scrittori. Ossessione della rappresentazione di sé. I personaggi recitano su un palcoscenico che si specchia in un lago che mostra a sua volta la loro misera umanità e l’incapacità di volare in alto. Il lago li attrae verso il basso.

11-12.11.2015
Teatro Sociale, Bellinzona

12-24.01.2016
Piccolo Teatro, Milano

27-28.01.2016
Teatro Goldoni, Venezia

02-03.02.2016
Teatro Comunale, Vicenza

05.02.2016
Teatro Alfieri, Asti

09-16.02.2016
Teatro Dante Alighieri, Ravenna

11-14.02.2016
Teatro Storchi, Modena

16.02.2016
Teatro Sociale, Lecco

18-19.02.2016
Teatro Due, Parma

23-24.02.2016
Teatro Ariosto, Reggio Emilia

27.02.2016
Teatro dell’Aquila, Fermo

 

Foto di scena

Intervista a Carmelo Rifici